mercoledì 16 febbraio 2011

MEA CULPA



Da qualche giorno non posso fare a meno di pensare a quando, ventenne, sentenziavo sul desiderio di maternità delle donne.
Rabbrividisco ogni volta che riascolto dentro di me quelle frasi gridate a interlocutori ammutoliti dalla mia veemenza. Rifiuto di credere di averle pronunciate davvero.
Sono le stesse frasi che ora mi feriscono anche se non direttamente rivolte a me. Come la conversazione a cui oggi ho assistito, involontariamente, in treno.
Una tipa dice all’altra di non sopportare le donne che a tutti i costi vogliono un figlio, che la Natura ha deciso così e bla bla magari possono adottarne uno.
La fiera dei luoghi comuni, come se fosse facile poi adottarne.
Cerco di  spiegarmi la superficialità di queste opinioni riconducendola a un’ignoranza dei soggetti sull’argomento; più difficile è gestire la rabbia quando  leggo articoli che si muovono nella stessa direzione.
Sono furiosa con chi banalizza e giudica contro-Natura "l’inseguimento" della  gravidanza, tuttavia so che  sono io, in realtà, quella contro cui vorrei scagliarmi.
Devo alleggerire il karma confessando di essere stata anch’io una persona insensibile e superficiale. Anche io affermavo che non fosse giusto cercare un figlio se la Natura avesse dato segnali diversi. Semplicemente, si doveva accettare il destino.

Ecco, io non so ancora se questo sarà il mio destino.
Non faccio previsioni a lungo termine.
Penso a quelle donne che restando fedeli al proprio desiderio sono riuscite a realizzare ciò che la Natura sembrava negare.



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